Anno 2000 o giù di lì.
Immagina di entrare in quella che oggi viene chiamata web agency.
Probabilmente il primo suono che senti è il fischio di un modem 56K, non certo una notifica di Slack.
Ti guardi intorno: scrivanie in legno chiaro, monitor a tubo catodico, pile di floppy disk.
C’è profumo di caffè forte e di plastica calda; qualcuno sta inviando un fax—lo senti strusciare la carta.
In tasca, il cellulare Nokia vibra con un “bip-bip” metallico, pronto a segnare l’ora di una call… che in realtà sarà un semplice “giro di telefonate”.
Un laboratorio di software su misura
La giornata inizia con un briefing svelto: si parla di contabilità, magazzino, interfacciamenti.
Ogni richiesta del cliente diventa un’applicazione client/server che dialoga in rete locale e, quando serve, su WAN.
Il programmatore compila, riavvia, ricompila; poi, controlla la stampante a aghi su cui scorrono log lunghissimi.
L’idea “rivoluzionaria” è collegare il gestionale interno a un neonato sito di ecommerce, così l’inventario si aggiorna “just in time”.
Serve un ponte fra database: un tracciato CSV qua, una query SQL là. Non esistono API pronte, quindi si scrive tutto a mano, riga dopo riga.
Siti web, spazio hosting e strategie “on-line”
Dopo pranzo tocca ai creativi.
Si sceglie la “casa” del sito – qualche megabyte affittato a un provider – e si decide come arredarla: colori, testi, piccole animazioni che stupiscano senza appesantire troppo.
Per le aziende grandi si studia un vero e proprio negozio virtuale; per artigiani e “negozietti” di quartiere basta una vetrina semplice ma ben fatta.
E poi via di passaparola, volantini e link sui forum: il marketing online è soprattutto entusiasmo condiviso.
Costruire PC come abiti su misura
Cos’è quel rumore bianco di sottofondo che si sente in una delle stanze più remote dell’agenzia?
È il rombo di un compressore d’aria: qui si assemblano computer.
Schede madri Asus, case ATX lucidi, ventole che spingono più decibel che aria. Alcuni clienti preferiscono il “brand” top di gamma – Siemens-Fujitsu, HP, Compaq, Ibm, Packard Bell, Toshiba, etc. – altri si affidano al PC montato in casa col logo dell’agenzia.
C’è un listino stampato che cambia ogni settimana: RAM SDR-133, hard-disk da 10 GB, monitor “flat” da 17 pollici. Il responsabile hardware registra ogni numero di serie in un database Access per gestire la garanzia: un foglio di calcolo evoluto a tutti gli effetti.
Assistenza? Certo, si parte con la valigetta!
Se suona il telefono dell’assistenza, si esce in auto con la valigetta degli attrezzi.
Il Pocket PC, una sorta di agenda digitale può diventare, grazie ad un ricevitore esterno, persino navigatore satellitare, pronto ad indicare la rotta.
On-site, si installano driver, si sostituisce una scheda di rete, si spiega al personale come masterizzare un CD. Per i corsi aziendali si prepara una presentazione in PowerPoint 2000: sfondo blu, testo giallo.
La sera si compila il registro interventi, si pianificano traduzioni software per l’export e si mette un post-it sul monitor: “Ricordarsi di ordinare cartucce stampante”.
Perché tutto questo conta ancora?
Dietro ogni progetto c’era un’idea: “rendere semplice il complesso”.
Quell’approccio artigianale, quell’ossessione per l’efficienza e per il cliente spiegano perché molte di queste agenzie siano sopravvissute e cresciute.
Oggi parliamo di cloud, micro-servizi, fibre gigabit.
Ma l’attitudine rimane: capire il bisogno, cucire la soluzione, restare al fianco di chi la usa.
Il resto, che sia un fax sfrigolante o l’ennesima notifica su Teams, è solo rumore di fondo.