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Cyber Security 2025: i trend che una PMI non può ignorare

Quando pensiamo a un attacco informatico, ci immaginiamo un genio del crimine in una stanza buia, circondato da schermi e codici verdi.

La realtà del 2025 è molto più semplice (e inquietante): basta una mail ben scritta, una voce sintetica che sembra vera, un link aperto con troppa fiducia. E chi paga le conseguenze? Spesso non sono le multinazionali, ma le piccole e medie imprese.

Secondo il Rapporto Clusit 2024, le PMI italiane sono sempre più esposte agli attacchi informatici, complici la digitalizzazione crescente e le scarse risorse dedicate alla sicurezza. Anche il Cyber Index PMI 2024 di Confindustria conferma che le violazioni colpiscono in modo crescente le piccole e medie imprese, in particolare nei settori strategici e nelle filiere industriali.

Perché accade questo?

Perché gli hacker hanno capito che le piccole aziende sono spesso meno protette, ma gestiscono dati preziosi.

Se stai leggendo questo articolo e pensi che “tanto a me non succede”, sappi che è esattamente quello che pensano le aziende che vengono colpite.

Ecco allora 5 trend di cyber security che non puoi ignorare nel 2025 – e cosa puoi fare per difenderti prima che sia troppo tardi.

Cybersecurity Trend 2025

1. L’AI è una minaccia (ma anche un’opportunità)

Nel 2025, l’Intelligenza Artificiale generativa è uno degli strumenti più potenti in mano ai cybercriminali. Non servono più grandi competenze tecniche per creare un attacco credibile: bastano modelli di AI per generare testi, e-mail e addirittura voci false ma convincenti. È il caso dei deepfake vocali, che imitano perfettamente colleghi o superiori per indurre un dipendente a trasferire fondi o condividere informazioni riservate.

Allo stesso tempo, però, l’AI è un alleato prezioso per chi si difende: i migliori software di sicurezza informatica oggi usano il machine learning per rilevare comportamenti anomali in tempo reale, prevenire intrusioni e reagire a minacce prima ancora che si manifestino.

Cosa può fare una PMI? Dotarsi di soluzioni di sicurezza che includano tecnologie AI, come firewall intelligenti o antivirus con funzioni predittive. E formare il personale con simulazioni realistiche di attacchi basati su AI.

2. Il ransomware come un servizio “on demand”

Una volta, dietro un ransomware c’erano gruppi sofisticati e organizzati. Oggi può bastare una carta di credito e una connessione al dark web. Il modello Ransomware-as-a-Service (RaaS) permette a chiunque di acquistare o noleggiare un kit pronto all’uso per colpire aziende vulnerabili. I pagamenti in criptovalute rendono tutto anonimo, e l’effetto domino può essere devastante: blocco delle attività, perdita di dati, reputazione azzerata.

I costi non sono solo economici: secondo IBM, il tempo medio di fermo dopo un attacco ransomware è superiore alle 3 settimane.

Cosa può fare una PMI? Oltre ai backup regolari, è essenziale testare il ripristino periodicamente. Vale anche la pena investire in soluzioni di backup immutabili, che impediscono agli attaccanti di cifrare anche i salvataggi.

3. La Zero Trust Architecture diventa lo standard

Fino a pochi anni fa, la sicurezza si basava su un concetto: proteggere il “perimetro” aziendale. Ma oggi quel perimetro non esiste più: tra smart working, cloud e dispositivi personali, l’accesso alla rete è ovunque. È qui che entra in gioco la filosofia Zero Trust, che parte da un presupposto molto semplice: nessuno è affidabile a priori.

Ogni richiesta di accesso, da parte di un utente o di un dispositivo, deve essere verificata, autorizzata e monitorata continuamente. E non serve essere una grande azienda per applicarla.

Cosa può fare una PMI? Iniziare da piccoli passi come attivare l’autenticazione a più fattori (MFA) su ogni account, limitare gli accessi per ruolo (principio del minimo privilegio) e monitorare l’attività interna con strumenti anche gratuiti.

4. Le nuove normative UE impongono standard più alti

Nel 2025, due normative europee stanno riscrivendo le regole della sicurezza digitale: la Direttiva NIS2 e il Cyber Resilience Act (CRA). Entrambe coinvolgono un numero crescente di aziende, incluse le PMI che operano in settori ritenuti “essenziali” (come energia, trasporti, servizi sanitari, digitale).

Non si tratta più solo di “buone pratiche”, ma di obblighi di legge: dalla gestione dei rischi alla notifica degli incidenti, fino alla progettazione sicura dei prodotti digitali.

Cosa può fare una PMI? Capire se rientra tra i soggetti obbligati e, in caso positivo, preparare una roadmap di adeguamento. Non serve fare tutto da soli: un audit esterno può aiutare a capire i punti critici e le priorità.

5. Il fattore umano resta la prima vulnerabilità

Nonostante tutti i firewall, antivirus e policy, l’anello debole della cyber security è ancora la persona. Le truffe via e-mail (phishing) si fanno sempre più raffinate, le password restano troppo deboli, e il tempo dedicato alla formazione interna è spesso minimo.

Secondo il Data Breach Investigations Report 2024 di Verizon, il 68% delle violazioni di dati a livello globale coinvolge un elemento umano, come errori, uso improprio dei privilegi o tecniche di social engineering.

In un mondo digitale sempre più complesso, la consapevolezza diventa la prima barriera di difesa.

Cosa può fare una PMI? Investire in formazione continua e accessibile, proporre simulazioni di phishing, aggiornare le policy aziendali e adottare strumenti semplici che migliorano la sicurezza, come le passkey o l’autenticazione biometrica.

La sicurezza informatica non è più rimandabile

Per troppo tempo la cyber security è stata vista dalle PMI come un costo, un argomento tecnico da “rimandare a quando avremo tempo”. Ma quel tempo è finito. Oggi ogni azienda – anche piccola – è esposta. Non servono attacchi su larga scala: basta una mail ben fatta, una password debole, un dipendente distratto.

Nel 2025 la sicurezza informatica è diventata un elemento di continuità operativa, reputazione aziendale e compliance normativa. Ignorarla non è solo rischioso: è un potenziale danno economico e legale.

La buona notizia? Non serve essere esperti o avere enormi budget per iniziare. Basta un approccio strategico, guidato, progressivo.

Anche piccole azioni – come attivare l’autenticazione a più fattori, aggiornare il backup o formare il personale – possono fare una grande differenza.

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